"Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male". (Eduardo De Filippo)


Filumena Marturano

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Il capolavoro di Eduardo, con una delle figure femminili più intense del teatro italiano.

Napoli canta, suona e declama

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Un trio di musicisti, un baritono e una mezzosoprano ripercorrono i classici della musica napoletana e gli attori declamano poesie e monologhi di Totò e Eduardo.

Natale in casa Cupiello

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Come ogni Natale, Luca Cupiello prepara il presepe nell'indifferenza della sua famiglia. La tragicommedia eduardiana in cui il presepe di cartapesta diventa unico rifugio dalla disgragazione familiare.

Ditegli sempre di sì

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Michele, appena tornato a casa dal manicomio, ma la sua guarigione si rivela soltanto apparente. Le conseguenze sono esilaranti.

Non ti Pago

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Ferdinando Quagliuolo gestisce un banco lotto ed è un giocatore accanito quanto sfortunato. Il suo impiegato Mario Bertolini, invece, vince una quaterna secca. Ma i numeri li ha avuto in sogno dal padre di Ferdinando...

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Le usanze di fine anno. 2016

Foto: Aleks Falcone

Il duemilasedici e il duemiladiciassette si toccheranno a mezzanotte di stasera. In tutto il mondo sarà celebrato il passaggio con i riti del caso – concerti, balli di gruppo, fuochi d’artificio – e ovviamente le cene che precedono i brindisi.Immancabili, le tradizionali superstizioni legate ad auspici di buona fortuna o presagi di sventura. Spesso sono credenze così antiche e radicate che nemmeno i più scettici possono sfuggirvi.

A tavola, per esempio, ci sono le lenticchie obbligatorie. Si devono mangiare preferibilmente a mezzanotte, sfidando il bruciore di stomaco, perché portino ricchezza. L’origine di questa usanza è un rito pagano, però non ci badano nemmeno i preti e scucchiaiano allegramente.
C’è anche l’uva. Bisogna mangiarne solo 12 acini, uno per ogni rintocco dell’orologio nell’ora fatidica, e i chicchi di melograno, frutti altrettanto indicati per assicurarsi abbondanza nell’anno nuovo. Si parla un gran bene anche di fichi secchi e datteri, che per qualche motivo simboleggiano protezione.

Certo, nulla vieta di farsi bistecche o risotti, stasera. Tanto più che la lenticchia non risulta aver mai arricchito nessuno. Al contrario, Esaù, secondo il racconto biblico, ci rimise parecchio. Quindi stasera mangiate come vi pare, senza timore per quel che accadrà il prossimo anno. Magari evitando pollo o tacchino, che sembra portino malissimo. Siete avvisati, eh.

Ed ecco che, dopo cena, arriva il momento fatidico, scandito dal capofamiglia: “dieci, nove, otto…“, Francuccio prepara le bottiglie di spumante, “…sette, sei…“, tutti prendono un bicchiere, “…cinque, quattro…“, Cinzio è rimasto senza e si lamenta, “…tre, due…“, zia Cosimina non sente niente da decenni e sta già tagliando il panettone, “…uno, (pausa suspance) e buonannonuovo!“, tutti urlano o fanno auguri a casaccio o entrambe le cose. Cinzio è l’unico seduto. Gesticola perché ha acchiappato il tappo con la faccia, anche quest’anno.

Zia Cosimina non si è accorta di niente. Non brinda dal 1989, quando ancora sentiva saltare i tappi di spumante. Ignorare il calendario però le fa bene: guardatela, 98 anni e sembra appena ottantenne.

Durante gli istanti confusi del brindisi, fate attenzione ai familiari superstiziosi. Si dice che porti fortuna per tutto l’anno intingere un dito nel bicchiere di spumante e toccare dietro le orecchie di qualcuno. Noi dubitiamo che tali pratiche siano realmente efficaci, ma abbiamo la fondata certezza che sia poco igienico lasciare che qualcuno infili le mani nel vostro bicchiere. Salute!

In ogni caso, auguri di buon duemiladiciassette dalla Filodrammatica Partenopea.
Sparate facezie, non petardi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=dDya1oamf70

Ah, le villanelle napoletane!

La “villanella” o “villanescanapoletana è una forma di composizione musicale popolare che nacque e si affermò nel XVI secolo e che ebbe grande importanza nella storia della canzone napoletana classica.

L’origine delle villanelle è legata alle antiche poesie popolari napoletane. Di esse, infatti, mantengono almeno inizialmente la metrica in strofe formate da un verso libero preceduto o seguito da uno o due distici in rima baciata. Si trattava per lo più di endecasillabi, anche se è documentato l’uso di lunghezze diverse.

Successivamente apparvero delle varianti che aumentavano il numero dei distici o dei versi liberi. Si aggiunse anche un ritornello e furono adottate strofe diverse.

La musica che accompagnava questi canti era assai semplice ed originariamente eseguita a cappella. Di solito era costituita da tre voci, con la prima che contiene la melodia e le altre due ad accompagnarla e sostenerla. Questa struttura consentiva di eseguire le due linee di accompagnamento su uno strumento a corde, in modo che il cantante potesse accompagnarsi da solo.

“Sto core mio se fosse di diamante
Sarrìa spezzato per tanto dolore
Quanto ne provo e sento a tutte l’ore.”
(Orlando Di Lasso, ‘Sto core mio’)

Le villanelle erano scritte soprattutto in napoletano. L’argomento era spessissimo l’amore, raccontanto in modo rustico, talvolta esplicito, facendo abbondante uso del comico, della satira e del doppio senso. L’aspetto parodistico è un carattere tipico della villanella, in evidente contrasto con la raffinatezza di altre forme di composizione polifonica. Ciò non impedì, comunque, che fossero composte villanelle d’argomento amoroso più delicate e intime.

Nella stessa epoca altre forme musicali come la frottola, lo strambotto, il canto carnacialesco toscano o la villotta veneta presentavano una struttura analoga ed ebbero un discreto successo, che però non uscì dall’area geografica d’origine. Diversamente, la villanella napoletana divenne popolarissima in tutta Italia e si diffuse anche in Europa.

ritratto di Adrian Willaert (Foto: Wikipedia)

“Vecchie letrose,
non valete niente
Se non a far l’aguaito per la chiazza.
Tira, tira, tir’alla mazza,
Vecchie letrose, scannaros’e pazze!”
(Adrian Willaert, ‘Vecchie letrose’)

Il motivo di tale successo è stato attribuito alla lingua napoletana, che si prestava con uguale malleabilità al tema d’amore, alle invettive più feroci ed alla satira, ma anche al ritmo particolarmente vivace, specie quando venivano alternate battute binarie e ternarie. Di certo contribuirono non poco alcuni autori fiamminghi di villanelle, primo fra tutti Roland de Lattre (conosciuto come Orlando Di Lasso, 1532-1594), che viaggiavano per le corti europee.
Uno di essi, Adrian Willaert (1490-1562) fu colui che portò  la villanella a Venezia, dove fu maestro di cappella alla basilica di San Marco. In questa città furono stampate le prime raccolte di testi delle villanelle napoletane e da qui si diffusero in tutta Europa.

“Tutto lo dì mi dici: «Canta, canta!»
Non vedi ca non posso refiatare!
A che tanto cantare?
Vorria che mi dicessi «Sona, sona!»
Non le campan’a nona
Ma lo cimbalo tuo
Se canto ri-ro ro-ri-ro-gne
S’io t’haggio sott’ a st’ogne.”
(Orlando Di Lasso, ‘Tutto lo dì’)

Foto: vesuviolive.it

Questi compositori erano tra i massimi esponenti della musica polifonica rinascimentale, maestri nell’arte del contrappunto, ma non disdegnavano di avere in repertorio composizioni assai più semplici e di carattere popolare come le villanelle in napoletano, composte su testi anonimi ma di probabile origine partenopea. Alcune di esse, sorprendentemente, sono ancora note ed eseguite.

L’enorme successo della villanella fu anche la causa della sua fine, alla fine del XVI secolo. Diffondendosi infatti in ambienti culturali diversi da quello dove ebbe origine, acquistò caratteri via via più raffinati. Le semplici strutture musicali andarono assumendo una maggiore complessità e poi il testo, lontano da Napoli, perse la lingua napoletana per diventare un italiano più o meno letterario. Continuavano a chiamarsi villanelle, ma si erano trasformate in qualcosa di profondamente diverso, come il madrigale.
A Napoli, tuttavia, le villanelle continuarono ad essere composte ancora a lungo e l’ultima edizione a stampa è documentata nel 1618.

 

 

 

Presentato a Villafranca “Natale in casa Cupiello” per Telethon

Il vice sindaco Nicola Terilli ed il regista Beppe Morisi (Foto: VillafrancaWeek)

Alle 12:00 di ieri mattina, il nostro regista, Giuseppe Morisi, ha partecipato alla conferenza stampa convocata al municipio di Villafranca di Verona per presentare lo spettacolo di domani sera, a favore di Telethon 2016.

Di seguito, il comunicato pubblicato sul quotidiano online www.villafrancaweek.it

 

 

Andrà in scena giovedì 15 dicembre presso la Sala Alida Ferrarini di Villafranca lo spettacolo teatrale “Natale in casa Cupiello”.

Come ogni Natale Luca Cupiello prepara il presepe, fra l’indifferenza della moglie Concetta ed il rifiuto del figlio Tommasino. Il clima di festa è turbato dai soliti litigi fra Tommasino e lo zio Pasqualino e dai problemi familiari di Ninuccia, la figlia, decisa a lasciare il marito Nicolino per l’amanre Vittorio. Concetta riesce a dissuaderla e a farsi consegnare la lettera indirizzata al governo, ma Luca, ignaro di tutto, la trova e gliela recapita. Quando i due rivali si trovano faccia a faccia al pranzo della Vigilia, lo scontro è inevitabile.

“Natale in casa Cupiello” è una tragicommedia in tre atti di Eduardo de Filippo, con la regia di Beppe Morisi.

Lo spettacolo andrà in scena giovedì 15 dicembre alle ore 21 presso la Sala Alida Ferrarini di Villafranca. L’ingresso è gratuito, ma chiunque potrà fare una donazione e l’intero ricavato verrà interamente devoluto a favore della Fondazione Telethon per la ricerca scientifica sulle malattie genetiche.

Per informazioni, clicca qui.