Oggi avevamo programmato la pubblicazione dei nostro primo post sul teatro. Poi, come talvolta accade, arriva improvvisamente una notizia che t’induce a cambiare i piani.
In mattinata abbiamo saputo che Dario Fo è morto. Chi ama il teatro – e non solo – non può fare a meno di sentirsi toccato dalla scomparsa di uno dei maggiori artisti della storia di quest’arte. Gli rendiamo omaggio, nel nostro piccolo, con questo breve articolo sulla Commedia dell’Arte, primo della serie.

La maschera è uno degli elementi portanti della Commedia dell’Arte. Non, come a volte si crede, per una mera questione estetica. La maschera è innanzitutto in grado di amplificare e modificare le caratteristiche della voce. Ogni maschera, in sostanza, funziona come uno strumento musicale. L’interno della maschera è percorso da spazi pieni e vuoti in cui il suono viene modulato esattamente come in una cassa di risonanza. Alcune maschere producono suoni acuti, altre toni bassi e gravi. La tecnica dell’attore permette di gestire una vasta gamma di tonalità. Ogni personaggio ha, quindi, per così dire, la propria voce.
Oltre alla forma estetica e al suono che viene prodotto, ad ogni maschera va collegato un particolare modo di gesticolare e di camminare. Gli attori della Commedia dell’Arte possedevano un perfetto controllo della gestualità del corpo. Anche questa attitudine deriva dall’uso della maschera. L’espressione del volto, infatti, è completamente bloccata dalla presenza della maschera che lascia visibili solo bocca e occhi. Per esprimere tristezza, allegria, pianto, pudore, rabbia e così via, quindi, il comico dell’arte era costretto ad usare il resto del corpo.

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Gli attori non conoscevano le lingue, ma riuscivano ad ottenere ugualmente un grande successo di pubblico ovunque si esibissero in Europa. Avevano risolto il problema della parola parlata inventando il grammelot: un insieme di suoni onomatopeici che producono la sensazione di ascoltare una lingua compiuta. Si tratta di uno sproloquiare insensato che però risulta curiosamente comunicativo. La parola grammelot deriva, pare, dall’espressione veneto-lombarda “gramlotto”, che indica un miscuglio di suoni senza senso, ma articolato in ritmi e cadenze che ricordano, appunto, una lingua.

Il teatro della commedia era fatto da compagnie di uomini e donne colti e preparati tecnicamente. Se pensiamo che il loro lavoro ha inciso nella cultura dello spettacolo europeo degli ultimi tre secoli, ciò non può essere accaduto per caso. Tutti erano in grado di scrivere testi teatrali, poetici e talvolta saggi critici e filosofici. Il primo Arlecchino, Martinelli, aveva una laurea da notaio. La giovanissima Isabella Andreini, della Compagnia dei Gelosi, scriveva i propri monologhi, componeva sonetti che musicava e cantava e fu un’attrice nota in molte corti europee. Di Silvio Fiorillo, cui è attribuita la creazione della maschera di Pulcinella, ricordiamo che fu un prolifico autore teatrale ed un attore conteso da più compagnie di importanza internazionale. Al Fiorillo dedicheremo maggiore attenzione nei prossimi articoli.

 

Fonte principale: “La lezione. Storie del teatro in Italia”, Dario Fo, Giorgio Albertazzi